Guadagna soldi

giovedì 30 dicembre 2010

LA MALEDIZIONE DI TUTANKHAMON

Part 1



                                                                             Part 2

Famosa quasi quanto la scoperta della tomba di Tutankhamun è la credenza che essa fosse protetta da una potentissima maledizione. Tutankhamon era un giovane faraone morto nel 1320 a.c. a soli 18 anni, a quanto si dice assassinato con un complotto tesogli alle spalle dai suoi consiglieri di fiducia. La sua tomba è stata tra le scoperte più importanti d'Egitto, anche perché tutto fu trovato intatto al contrario di altre tombe di faraoni scoperte che avevano subito vari saccheggi ad opera di predoni nel corso dei secoli. Il sepolcro del giovane faraone Tutankhamon, fu violato la prima volta il 26 Novembre 1922, da Howard Carter e Lord Carnarvon, entrambi però non diedero peso alla scritta posta ell'entrata della tomba che diceva: "La morte coglierà con ali leggere chiunque tocchi la tomba del Faraone" ,anzi Lord Carnarvon decise che tale scritta potesse intimorire gli operai al lavoro e la fece coprire con una targa recante il suo stemma.I lavori andarono avanti tranquillamente e i tesori del faraone furono tirati fuori dalla tomba, la bara del faraone fu aperta, all' interno vi era un' ulteriore sarcofago d'oro massiccio lunga un metro e ottanta, servirono ben otto uomini per aprirla. Ma il 6 Marzo Lord Carnarvon mentre si trovava nella tomba del faraone, venne punto da una zanzara su una guancia e dopo una settimana fu colpito da una forte febbre che si trasformò in polmonite.Subito tra la gente si ipotizzò che la tomba del faraone potesse essere protetta da forze ignote. Tali timori raggiunsero l' apice quando il Conte spirò nel Cairo la notte del 5 Aprile, quella stessa notte, Susie, l' amatissimo cagnolino di Carnarvon si accasciò a terra inspiegabilmente, senza vita. Dapprima si ignorò quasi completamente le spiegazioni occulte, si pensò più a veleni che forse erano vicino alla mummia di Tutankhamon e il Lord si era infettato.
Ma vennero alla luce ulteriori particolari che conferirono alla morte del Conte un' aura ancora più misteriosa; si seppe che la notte della sua morte improvvisamente tutte le luci elettriche dell'ospedale del Cairo si spensero, lasciando tutti nella più totale oscurità, per poi riaccendersi pochi minuti dopo, quando Lord Carnarvon era già morto. Infatti si seppe che l' intera rete elettrica del Cairo era andata in corto per 5 minuti senza nessuna spiegazione tecnica. Inoltre vi fu la strana testimonianza della figlia di Lord Carnarvon: Evelyn Herbert disse che il giorno del loro arrivo in Egitto il 23 Novembre, una zingara indovina fece una strana premonizione al padre dicendogli senza che questi la conoscesse, che non doveva permettere che le reliquie trovate all'interno della tomba del faraone, venissero spostate o portate via, se avesse disobbedito avrebbe avuto un incidente nella tomba e che la morte lo avrebbe colto in Egitto. Ma anche dietro tutti questi avvenimenti Carter e la sua squadra continuarono i loro scavi, ignorando eventuali maledizioni, e ritenendo che la tragica morte del Conte era stata solo una fatalità. Ma la morte del Conte Carnarvon fu solo l' inizio di una catena incredibili di morti. Lo seguirono due mesi dopo il fratello del Conte, il Colonnello Aubrey Herbert morì di setticemia, poi tocco al milionario americano Gorge Jay Gould interessato all' acquisto di oggetti faraonici e amico di Carnarvon, morì di una febbre improvvisa 24 ore dopo che Carter gli aveva mostrato la tomba e i tesori di Tutankhamon. Poi morì l'assistente di Carter, Arthur Mace anche questi inspiegabilmente, Richard Bethell segretario di Carnarvon colpito da infarto, il principe Ali Kamal Fahmy anch'egli entrato nella tomba, un custode del museo morto mentre etichettava alcuni reperti della tomba, il canarino giallo a cui era molto legato Carter, venne mangiato da un grosso Cobra che tentò anche di mordere l'egittologo. Persino dopo che i profanatori della tomba di Tutankhamon erano morti e sepolti, la maledizione continuò ad imperversare. Nel 1972 il direttore della sezione antichità egizie, il Dottor Gamal Mokhtar, morì il giorno che fece trasferire i tesori del faraone in Inghilterra per una mostra. E i membi dell' equipaggio che effettuarono il trasporto oltremanica, morirono tutti per attacchi di cuore e incidenti vari. Nel 1992 lo storico Christopher Frayling ideò e presento una serie per la BBC sul faraone e la sua maledizione, ma quando si recò sul sarcofago del faraone ricoperto dal vetro, le luci si spensero improvvisamente, poi l' audio si isolò, il regista che effettuava le riprese venne colto da improvvise coliche biliari (lo stesso successe anche ad Howard Carter nel 1922), uno dei cavi principali dell' ascensore dell'hotel del Cairo dove alloggiavano si ruppe, e la cabina con all' interno il regista e Frayling precipitarono per fortuna si innesco l'autoblocco che li fermò dopo essere precipitati per 9 piani, l' intera troupe televisiva venne colpita da congiuntivite dopo aver filmato una sequenza notturna nella Valle delle Regine. Fryling comunque ultimò il suo programma. Fin dal tempo in cui le storie sulla maledizione iniziarono ad apparire sui giornali, sono stai fatti vari tentativi di trovare spiegazioni alternative alla serie di fatalità associate a Tutankhamon, purtroppo oltre a quella di grandi coincidenze non vi è altra spiegazione plausibile. Anche se stranamente il bersaglio principale che aveva violato la tomba di Tutankhamon, Howard Carter non fu colpito da morte prematura anzi morì all' età di 66 anni il 1939, anche se c'è da dire che dopo la morte di tanti suoi compagni Carter si ritirò e non volle mai più visitare il museo dove era conservata la sua più grande scoperta.

martedì 28 dicembre 2010

LE TORTURE DELL'INQUISIZIONE

Il tribunale dell'Inquisizione si aggiudicò il potere decisionale assoluto grazie alla bolla "Ad Extirpanda", promulgata da Innocenzo IV, che introdusse legalmente per la prima volta nella storia della Chiesa l'utilizzo della tortura come complemento giuridico per lo svolgimento dei processi. Grandi figure inquisitorie divengono i crudeli miti della caccia alle streghe e spiccano altisonanti i nomi degli spietati Nicholas Eymerich, Pierre de Lancre e Torquemada, terrorizzando i tribunali di tutta Europa.
Dal 1300 in poi la Chiesa definisce eretici coloro che attraverso rapporti diabolici entrano in possesso di conoscenze magiche e vengono altresì considerate pratiche eretiche l'invocazione di potenze infernali, la lettura di formule magiche ed addirittura il mettersi in cerchio a danzare o a suonare. Dal 1320 al 1420 solo in Europa vengono pubblicati tredici trattati giuridici sulla stregoneria, all'interno dei quali vengono toccati temi quali la metamorfosi, il volo ed il Sabba, termini che da questo momento in poi entreranno a far parte del vocabolario accusatorio di ogni tribunale ecclesiastico.
L'apertura ufficiale della caccia alle streghe è datata 5 dicembre 1484, quando Giovan Battista Cybo (Innocenzo VIII) promulga la bolla papale "Summis Desiderantes Affectibus", con la quale lancia l'offensiva giuridica contro le "malefiche" e dà incarico all'ordine dei Domenicani di occuparsi dello svolgimento delle indagini, nonché dell'effettiva conclusione dei processi. In particolare invita gli alsaziani Heinrich Kramer (Institoris) e Jacob Sprenger a stilare un sorta di "manuale del perfetto inquisitore". Il Malleus Maleficarum diviene dunque il trattato legale contro la stregoneria, il "vangelo processuale" da cui attingere tutte le informazioni giuridiche per poter agire, anche con l'ausilio della tortura, contro chiunque si opponesse alle regole morali della Chiesa e del pontificato.

La pera ed il crogiuolo
La pera era uno marchingegno in legno o in bronzo con una struttura meccanica a forma del frutto della pera quando era chiuso. Tuttavia con un sistrema di viti e bulloni poteva esser aperto espandendone il suo volume e la sua dimensione. Lungo la superficie vi erano lembi di ferro e delle incanalature studiate appositamente per strappare e lacerare. Questo strumento di tortura, una volta richiuso, veniva impiegato contro le presunte streghe durante il processo di tortura ed inserito sia nella bocca, nella vagina oppure nell'ano. Successivamente veniva "avvitata" la vite centrale che fungeva da perno, facendo lentamente espandere l'arnese. Veniva poi fatta ruotare all'interno dell'orifizio nel quale era stata inserita ed infine brutalmente estratta, procurando dolore tremendo, lacerazioni gravi e qualche volta la morte.


Lo strappaseni (Mastectomia)
Le tenaglie che potete osservare nella foto qui a destra venivano impiegate per la lacerazione delle mammelle o dei capezzoli dei torturati. Spesso il carnefice arroventava tali pinze prima di utilizzarle sulla vittima.Pinze simili allo strappaseni venivano anche usate per strappare le unghie delle mani e dei piedi.



La squassata
La vittima (in genere una donna) veniva legata con le mani dietro la schiena. Alla sua chioma veniva assicurato un palo in legno alle cui estremità ruotavano due uncini in ferro. La strega veniva sollevata ad un'altezza stabilita e lasciata cadere fino a pochi centimetri da terra. Le lesioni di questa tortura provocavano il distacco dello scalpo. La squassata alle braccia invece provocava lo slogamento degli arti.


Pinze per la lingua
Questo genere di tortura veniva inflitta solitamente agli accusati di eresia e alle streghe colte in flagranza di maleficio verbale. Si tratta di vere e proprie forbici affilatissime con le quali il carnefice tagliava parte della lingua alla vittima, lasciandola morire dissanguata a causa del grande flusso sanguigno che irrora quest'organo



Il soffio
Si dice che per uccidere una strega bisognasse "tagliarla sul soffio", ossia la parte di viso che intercorre tra il labbro superiore ed il naso. Oltre a far fuoriuscire copiosamente il suo sangue, gli inquisitori erano convinti che da quel punto svanisse dal corpo della strega anche il suo male.



L'impiccagione
L'alternativa al rogo e alla decapitazione era l'impiccagione. Potrebbe sembrare un metodo di morte meno feroce ma dobbiamo immaginare che, dal momento che il cappio si stringe al collo - eludendo ogni tipo di sforzo respiratorio - fino a quando non sopraggiunge il decesso, può trascorrere un periodo di sopravvivenza pari fino ai 10 minuti. Una vera e propria lenta agonia.



Il Signum Diabolicum
Dal XIV secolo in poi molti saranno i trattati sulla spiegazione dei fenomeni stregoneschi attribuiti al "maligno" ed anche questi saranno fonte, per i secoli a venire, di miti e leggende. In questi trattati si tentava di dare una spiegazione a fenomeni come il volo sulla scopa, la metamorfosi delle streghe in animali e la capacità di scatenare tempeste ed epidemie. Queste, infatti, erano le accuse maggiormente imputate. Inoltre bastava avere un neo o una voglia per essere accusati di essere stati "marchiati a pelle" dal demonio in persona.



Il rogo
Il più delle volte la tortura inquisitoriale terminava con la condanna al braccio secolare e milioni di persone hanno terminato la propria esistenza osservando la folla esultare dalla pira. Il rogo degli eretici era stato motivato teoricamente da Tommaso d'Aquino: "Gli eretici e le streghe sono figli di satana e devono essere bruciati, come lui, già qui sulla terra". Furono pertanto le fantasticherie degli inquisitori a spalancare la porta al rogo delle streghe.

Pinza da pira
Questo strumento serviva esclusivamente per tenere saldo il collo della strega al palo della pira nell'eventualità che la stessa riuscisse a liberarsi dalla stretta delle funi che la immobilizzavano. In realtà questo arnese veniva raramente utilizzato poichè, a causa dello stordimento che le vittime accusavano per l'ingerimento di sostanze soporifere da parte di qualche magnanimo carnefice, esse arrivavano il più delle volte al patibolo in uno stato di incoscienza tale da non mostrare alcun segno di ribellione.



La forchetta
Era uno stumento di tortura che consisteva in una cinghia di cuoio legata intorno al collo della vittima, nel cui centro si sviluppavano due forchette di ferro acuminate ed opposte. Questo marchingegno impediva alla vittima di muovere il capo in qualsiasi direzione, tantopiù non lasciava al torturato la possibilità di potersi addormentare. Veniva utilizzato nella tortura tramite ordalìa del sonno.



La cosa più sconvolgente che abbiamo voluto (magari anche un po' crudemente) sottolineare è che l'uomo sia riuscito a farsi merito di tutto questo orrore nel nome di Dio.
Meditate gente, meditate...



Fonte di immagini e testi:www.cortescontenti.it

sabato 25 dicembre 2010

UFO-VATICANO


Il rapporto UFO-VATICANO è un argomento molto delicato che negli ultimi tempi viene trattato sempre con maggiore attenzione da parte degli studiosi di ufologia.
Eppure, dinanzi ad un argomento così delicato, la Chiesa, nelle sue vesti di Stato, ha adottato una sorta di censura, ad eccezione forse di Monsignor Balducci, che da quanto se ne sa crede fermamente all’esistenza degli extraterrestri.
A riprova che il rapporto USA-VATICANO-ALIENI non è un argomento campato in aria e che anzi è bisognoso di ulteriori approfondimenti, viste le inquietanti conseguenze che ne derivano, traggo dal sito Edicolaweb.net un brano di una strana intervista fatta al giornalista e ricercatore Cristoforo Barbato, nel quale questi accenna ad una rivelazione sconcertante fattagli avere da un Gesuita in incognito.
Eccola:
Per un anno circa vi furono contatti informali via e-mail e per posta, nei quali mi rivelò di essere un Gesuita membro del SIV e di lavorare a Roma presso alcune strutture della Santa Sede, cosa che in seguito verificai essere vera, informandomi a sua insaputa. Ci fu successivamente un primo incontro fisico in un luogo pubblico della capitale, dove iniziò a rivelarmi alcune informazioni. L'incontro, avvenuto nel 2001, fu voluto fortemente da me, in quanto condizione necessaria e sufficiente per il proseguimento dei nostri contatti, dato che fino ad allora il mio atteggiamento, nonostante il videotape, fu contraddistinto da un ovvio scetticismo e diffidenza nei suoi confronti. Fu in quella occasione che i miei dubbi si dissiparono, quando mi mostrò le sue credenziali e non solo, alcune delle quali corrispondevano in buona parte con quanto da me precedentemente appurato. Inoltre mi rivelò di usufruire di un'autorizzazione alla supervisione denominata "Secretum Omega" che è la più alta categoria di classificazione di segretezza in Vaticano equivalente al "Cosmic Top Secret" della Nato, Per quanto riguarda il SIV il Gesuita mi ha ribadito che la struttura è top secret ed è costituita in maniera analoga alle altre agenzie d'intelligence preesistenti quali CIA, MI6 l'ex KGB ecc. Non ha una sede ufficiale fissa ma sceglie di volta in volta un sito dove riunirsi, in strutture però sotto il controllo del Vaticano. La scintilla che ha innescato l'avvio di tale organizzazione scaturisce da un evento avvenuto nella prima metà degli anni '50 negli Stati Uniti, per l'esattezza nel Febbraio del 1954. L'evento in questione fu l'incontro di una delegazione aliena avvenuto in California nella base di Muroc Airfield (divenuta poi la sede della base aerea di Edwards) con il presidente Dwight Eisenhower e a cui presenziò l'allora Vescovo di Los Angeles James Francis McIntyre. L'incontro venne opportunamente filmato dai militari. A tale proposito ricordo un dettaglio curioso che mi venne detto. Furono impiegate tre cineprese 16mm, dislocate in vari punti, ognuna caricata con pellicola a colori e motore con caricamento a molla. Quest'ultima soluzione piuttosto scomoda, perché costringeva ogni operatore a cambiare bobina ogni 3 minuti circa di ripresa, si rese necessaria in quanto in presenza degli alieni e delle loro astronavi i motori elettrici delle cineprese più grandi non riuscivano a funzionare. Comunque, al termine dell'incontro ogni membro della delegazione terrestre giurò solennemente di non rivelare a nessuno quanto visto e sentito degli alieni. Nei giorni a seguire McIntyre, probabilmente contrariato per aver prestato un giuramento che in coscienza riteneva iniquo, partì di gran fretta per Roma al fine di incontrare il Santo Padre Pio XII per riferirgli dell'incredibile evento. Due giorni dopo il Pontefice Pio XII ricevette il Vescovo McIntyre. Dopo aver meditato molto sulle implicazioni che avrebbe potuto avere un rapporto esclusivamente militare con gli alieni, il Santo Padre decise di istituire un servizio d'informazioni segreto, il SIV appunto, che avrebbe dovuto raccogliere tutte le informazioni possibili sulle attività delle entità aliene e sulle informazioni che su di esse avrebbero raccolto gli americani. Era di fondamentale importanza tenere aperto il canale di comunicazione con il presidente Eisenhower. Il SIV sostanzialmente venne costituito per acquisire e gestire tutte quelle informazioni riservatissime che riguardavano soprattutto la tematica extraterrestre coordinandosi con le altre strutture d'intelligence preesistenti di altri paesi.
L’intervista continua ancora spaziando a 360 gradi su problematiche assai astruse, quali ad esempio il programma spaziale vaticano segreto denominato “SILOE”, un radiotelescopio di proprietà della Chiesa in Alaska, le implicazioni aliene dell’apparizione di Fatima, l’avvicinamento al nostro pianeta di un corpo celeste denominato “NIBIRU” e i cui abitanti sarebbero assai bellicosi e pericolosi per la razza umana ed altri incontri con altri alieni avvenuti addirittura all’interno delle mura del Vaticano, nei quali questi ultimi mettevano in guardia l’umanità dall’abbraccio mortale con certe forme di alieni assai infidi per l’umanità.
Quanto basta per affermare e concludere che la Chiesa è forse più di tutti al corrente di certe oscure problematiche e che se non ne parla è perché si tratta di argomenti segreti che tali devono restare per non produrre devastanti conseguenze nella vita di tutti i giorni.

giovedì 23 dicembre 2010

ERZSEBET BATHORY(LA CONTESSA SANGUINARIA)



Oggi il brivido del mistero a deciso di proporvi la storia di Erzsebet Bathory il più efferato killer della storia umana,le sue vittime sono più o meno 650 forse di più.
Alla Contessa sono stati dedicati dipinti, libri, canzoni, film e siti horror, tanto da renderla un vero e proprio mito.
Vediamo di conoscere meglio la sua storia, anche se non è facile ricostruire una storia avvenuta ben tre secoli fa, soprattutto un caso come questo, che è stato tanto mitizzato e trasformato in leggenda.
Erzsébet Báthory nasce ai piedi dei Carpazi, nel 1560, da Gyrögy e Anna Báthory. In questo periodo l'Ungheria e la Romania sono sconvolte da sanguinose guerre: da una parte gli Asburgo e, dall'altra parte, i turchi ottomani, spingono per conquistare i territori di queste due nazioni.
I Báthory decidono quindi di trasferirsi in Transilvania, dove lo zio della neonata, un uomo violento e selvaggio, è il Principe. Il Principe Transilvano non è l'unico Báthory fuori dal comune: il fratello di Erzsébet è un maniaco sessuale inarrestabile, nessuna donna o bambina è al sicuro nei suoi pressi; sua zia è stata incarcerata perché strega e lesbica, un altro zio è un alchimista e un adoratore del demonio. Come se non bastasse, la balia, alla quale viene affidata la Contessina, è dedita alla magia nera, e si dice utilizzi sangue e ossa di bambini per fare degli incantesimi.
Erzsébet non è una bambina facile, né la vita è facile per lei: la giovane soffre di convulsioni, di scatti d'ira e di attacchi di epilessia. Con l'adolescenza si dimostrerà anche promiscua, tanto che, a 14 anni, resta incinta di un contadino.
Tutti questi sintomi, considerato il fatto che la malattia mentale non è una rarità tra i Báthory, portano facilmente a presupporre che in Erzsébet sia nato già con qualche disturbo al cervello.
All'età di 15, Erzsébet è costretta a sposare il Conte Ferencz Nádasdy, il più grande guerriero nazionale, spesso costretto a stare via di casa.
Durante una delle tante assenze del marito, su consiglio della sua balia, la giovane Contessa si avvicina alla magia nera. Tanto per iniziare, si procura subito una pergamena fatta di amnio (la membrana che protegge i bambini nell'addome della madre), sulla quale c'è scritto con il sangue un incantesimo del dio Isten. L'incantesimo promette salute, lunga vita e protezione: i nemici del seguace di Isten verranno aggrediti e uccisi da un "esercito" di 99 gatti. Erzsébet non si separerà mai da questa pergamena.
Poco tempo dopo, la Contessa si trasferisce al castello di Sarvar, nel quale sfoga i propri impulsi violenti sui propri servitori. Nel 1600, non è cosa rara che gli aristocratici prendano a bastonate o addirittura uccidano i servi che hanno sbagliato. Molto probabilmente questa cosa non è stata molto d'aiuto per la sanità mentale di Erzsébet.
Da brava aristocratica, la Báthoryè narcisista e vanitosa, cambia abbigliamento anche sei volte al giorno, e passa ore ad ammirare la propria bellezza in numerosi specchi.
Utilizza ogni tipo di unguento e preparato che possa mantenere giovane e pallida la sua pelle. Esige che, chiunque la incroci, faccia un elogio alla sua bellezza.
Non si sa bene se Nádasdy fosse complice della moglie o se tollerasse le sue stranezze, ma è sicuro che sia stato lui a insegnarle molti trucchi del "mestiere".
Anche Nádasdy, come ogni aristocratico, è molto violento con la servitù: il suo metodo punitivo preferito è quello di cospargere i servi di miele, e di lasciarli legati a un muro, mentre vengono mangiati dalle api. Ma non è l'unico tipo di tortura che l'uomo insegnerà alla moglie: le spiega anche come far morire congelata una persona, tenendola nuda all'aperto, d'inverno, versandogli continuamente dell'acqua fredda addosso.
Per dimostrare il suo amore, Nádasdy, manda alla moglie gli incantesimi e le magie che impara quando è in battaglia in terre lontane e la Contessa, in cambio, tiene con lui una fitta corrispondenza, nella quale gli confida tutti i rituali e le nefandezze che compie nel castello in sua assenza. Ecco uno spezzone tratto da una di queste lettere: "Thurko mi ha insegnato un nuovo incantesimo. Prendi una gallina nera e colpiscila con un bastone bianco, fino alla morte. Raccogli il sangue della gallina e cerca di imbrattare con esso un abito del tuo nemico. Gli capiterà presto una disgrazia."
Nonostante queste "particolari smancerie", la coppia non è fedele. Erzsébet ha innumerevoli amanti, anche se preferisce di gran lunga il sesso lesbico.
Ben presto la Contessa forma un vero e proprio entourage di esperti in magia, alchimia e stregoneria. Vivono nel castello e le insegnano le loro arti. Tra essi vi è un nobile dalla pelle pallida e dai capelli lunghi e scuri, che pratica il vampirismo.
Le leggende dicono che questo uomo era un vampiro vero: di notte Erzsébet usciva con lui e tornava da sola, con del sangue intorno alla bocca.
Nel 1601 Nádasdy si ammala, perde una gamba per cancrena e, dopo 3 anni passati nel proprio letto, muore, lasciando vedova la Contessa 44enne. La donna si trasferisce nei possedimenti di Vienna ma, colta dalla noia, decide di tornare alle sue torture in Ungheria.
In questo periodo, donne giovani e bambini cominciano a scomparire dai villaggi. I parenti non sanno cosa fare, né a chi rivolgersi: tutti hanno notato lo stemma di Nádasdy sulla carrozza che si è portata via i loro cari, ma puntare il dito contro un nobile potrebbe causargli molti guai.
Anno dopo anno, continuano i rapimenti e i villici sono costretti a stare a guardare: è ancora vivo il ricordo di una rivolta del 1524, sedata con il sangue dai nobili. Ahimè il loro destino è subire in silenzio il voleri dei nobili, anche di quelli pazzi.
Erzsébet adesca le ragazze con la scusa di prenderle in servitù al castello, poi le sbatte nelle celle dei sotterranei. Le sventurate vengono picchiate ripetutamente, fino a che i loro corpi non si gonfiano. Spesso la Contessa non si limita ad assistere, ma è lei stessa a infierire sulle giovani vittime. Ogni volta che i vestiti si sporcano troppo di sangue, le fa cambiare, poi ricomincia con le botte. I corpi gonfi vengono poi tagliati con dei rasoi e lasciati sanguinare a morte. Alle più sfortunate vengono cicatrizzate le ferite con il fuoco, allungando così le loro sofferenze per molti altri giorni.
Ad alcune vittime viene cucita la bocca, altre vengono costrette a mangiare la propria carne, ad altre ancora viene dato fuoco ai genitali.
Quando la Contessa deve viaggiare, esige che una delle sue prigioniere segga al suo fianco sulla carrozza, sopra un sedile di aghi, mentre, quando è costretta a letto da una malattia, le vittime sono costrette a prendersi cura di lei. In cambio ricevono morsi, sputi e pugni.
Comunemente a tutti i serial killer, anche Erzsébet Báthory, con il tempo diventa più stupida e arrogante: assalita da delirio di onnipotenza e senso di sfida, comincia a osare di più, incombendo ben presto in errori madornali che le saranno letali.
Erzsébet comincia infatti a rapire le figlie di altre famiglie nobili, la maggior parte delle quali non passa i 12 anni di età.
La Contessa si offre di insegnare la grazie e l'educazione alle giovani nobili e, quando queste arrivano al castello, sceglie quali rinchiudere e quali rimandare a casa.
Dopo un omicidio che la Báthory cerca di far passare come suicidio, le autorità decidono di muoversi.
È il Natale del 1610, Mathias II, Re di Ungheria, è turbato. Gli è giunta voce che, presso il castello arroccato di Csejthe, vengono tenute prigioniere delle ragazze. Forse vengono addirittura torturate e uccise. È una grande occasione per il Re: deve molti soldi alla Contessa Báthory, soldi che aveva preso in prestito da Nádasdy e che adesso la Contessa richiede indietro con insistenza. Tuttavia è davvero pericoloso mettersi contro la Contessa. Suo marito è stato nominato "Eroe Nero" dell'Ungheria, per il suo eroismo contro gli invasori turchi, suo zio invece è stato Re della Polonia e Principe della Transilvania. Erzsébet ha anche amicizie con Cardinali, Principi e Re, ed è la cugina del Primo Ministro, Thurzo. Se dovesse scoprire le intenzioni del Re, diventerebbe sicuramente un pericoloso nemico politico ma, d'altra parte, è necessario scoprire se le voci sono vere.
Perciò il Re, dopo aver vagliato tutte le possibilità, decide di organizzare una missione segreta: raduna una squadra di uomini di fiducia e li manda a ispezionare il castello, con l'ordine di non farsi scoprire e di beccare la Contessa con le mani nel sacco. Grazie a una corrispondenza tra il Re e Thurzo, e grazie al diario di uno dei membri della squadra, possiamo ricostruire molto bene il racconto di quella notte di dicembre del 1610.
Gli "investigatori" del Re devono agire con la massima discrezione, di notte, cercando di non farsi scoprire. La squadra è composta da molti soldati, al capo dei quali sono il Primo Ministro, un sacerdote e il Governatore della regione.
È una notte fredda, e le torce non illuminano abbastanza il loro cammino.
Prima di procedere per il castello, gli emissari hanno interrogato qualche villico in paese: c'è chi dice di aver sentito urla di dolore provenire dal castello, altri raccontano di ragazze scomparse misteriosamente, altri ancora dicono che sono sparite almeno 9 ragazze delle famiglie nobili dei dintorni.
Dopo gli interrogatori, la squadra segreta del Re si incammina lentamente nella boscaglia, sperando di scoprire qualche passaggio segreto, o di cogliere sul fatto la Contessa.
È noto che la Báthory è una esperta di Magia Nera, e i nostri eroi hanno molta paura di essere scoperti e di subire qualche incantesimo di nascosto, perciò procedono molto lentamente, nel più totale silenzio.
La scalata della collina, sulla quale si erge la fortezza di pietra, è lunga e faticosa: sono tante le pause per riprendere fiato e per assicurarsi che nessuno li segua, ma finalmente conquistano la cima. La finestre del castello sono immerse nel buio, non ci sono tracce di guardie nei paraggi e il portone d'entrata è ormai in vista: la "squadra speciale" del Re è pronta a irrompere all'interno del maniero.
Con grande sorpresa degli invasori, il massiccio portone di legno non è sbarrato, bensì leggermente socchiuso, come ad invitarli ad entrare. Sembra quasi un classico film horror.
L'atrio è pieno di gatti, alcuni saltano addosso agli intrusi, altri soffiano e graffiano, ma niente di più. Evidentemente il dio Isten non è un grande protettore.
Qualche metro più avanti, sul gelido pavimento di pietra di una grande sala, gli emissari del Re trovano finalmente quello per cui sono venuti: una ragazza molto giovane, pallida, non del tutto vestita, è sdraiata per terra, immobile. Alcuni soldati si avvicinano, e sono costretti a constatare che le dicerie erano veritiere: la ragazza è morta ed è completamente dissanguata.
Sempre nella stessa sala, dall'altra parte, trovano un'altra ragazza. Questa è ancora viva, si lamenta, ma qualcuno le ha provocato diversi fori su tutto il corpo, tanto che ormai non c'è più niente da fare per poterla salvare.
La truppa allora procede nel proprio cammino attraverso il castello, seguendo l'odore della decomposizione che aleggia nell'aria.
Contro un pilastro, la squadra trova un'altra donna, incatenata. Qualcuno l'ha frustata a sangue, l'ha bastonata, le ha tagliato i seni e le ha provocato delle gravi ustioni su tutto il corpo.
Thurzo, che ha vissuto in quel castello da bambino, guida gli uomini ai gradini in pietra che conducono ai sotterranei. La squadra del Re è agitata e ansiosa, la loro discesa è accompagnata da urla di dolore provenienti dall'oscurità.
Nei sotterranei ci sono diverse prigioni, nelle quali sono rinchiusi donne e bambini, la maggior parte dei quali porta i segni e le cicatrici di numerose emorragie. Oggi però è il giorno fortunato di quei pochi prigionieri sani, perché i soldati aprono le celle senza fatica e li conducono fuori dal castello, verso la libertà.
Temprata dall'azione di salvataggio, la squadra del Re torna all'interno del maniero, sale ai piani alti, e si lancia alla ricerca della donna responsabile di queste atrocità.
Come già detto, questa storia sembra uscita da un film horror, perciò non ci sorprende la scena che si presenta agli occhi dei soldati: una grande torcia di fuoco illumina una stanza nella quale diversi uomini e diverse donne danno vita a un'orgia sanguinosa, nel quale sesso e torture si fondono. I soldati diranno di essere stati disgustati più da questa visione che da quella dei cadaveri.
La Contessa però non c'è, ha scoperto tutto ed è fuggita, ma la sua cattura sarà questione di pochi giorni.
In attesa del processo, Erzsébet Báthory viene rinchiusa in una sua residenza, controllata da un piccolo esercito. Non presenzierà nemmeno al processo, dichiarando che quelle avvenute nel castello sono tutte morti naturali, e che lei non può essere responsabile di azioni della natura.




Qualche giorno dopo la cattura, gli ufficiali giudiziari si presentano al castello di Csejthe per fare i sopralluoghi del caso, e per raccogliere tutte le prove che potrebbero risultare utili in sede di processo.
Non sarà un'ispezione difficile: in diverse stanze vengono ritrovate ossa e resti umani, nella camera della Contessa ci sono i vestiti e gli effetti personali di alcune ragazze scomparse. Nei sotterranei ci sono cadaveri ovunque, privati degli occhi e delle braccia, nel camino c'è un corpo annerito e non completamente bruciato. Nei dintorni del castello vengono disseppelliti molti corpi. In giardino, nel recinto dei cani, vengono trovati altri resti umani, con i quali gli animali si nutrivano.
Il processo comincia il 2 gennaio 1611, presieduto da ventuno giudici. Si susseguono moltissimi testimoni, anche 35 al giorno, soprattutto parenti delle vittime.
A tutti i servitori di Erzsébet vengono poste le stesse 11 domande, riguardo alla provenienza delle vittime, ai metodi di tortura e al coinvolgimento della Contessa.
Ficzko, un nano che lavora per la Báthory da 16 anni, dichiara di essere stato assunto con la forza. L'uomo non ricorda il numero preciso delle donne che ha contribuito ad uccidere, ma ricorda il numero delle ragazzine: 37. Cinque seppellite in una fossa, due in giardino, due in una chiesa, le altre chissà dove. Erano state adescate in paese con la scusa di un lavoro al castello e, se per caso rifiutavano, venivano prese con la forza. La Contessa le faceva legare e le pugnalava con aghi e forbici. Il nano racconta le più agghiaccianti torture, come le donne uccise a frustate, a volte ne servivano fino a 200, se non di più, o le donne uccise tagliando loro le dita e le vene con delle cesoie.
Ilona Joo, la balia di Erzsébet Báthory, ammette di aver ucciso circa 50 ragazze, infilando degli attizzatoi incandescenti nella loro bocca e nel loro naso. La "padrona" invece preferiva infilare le dita nella bocca delle ragazze e tirare, fino allo strappo della pelle, oppure dare fuoco alle loro gambe dopo averle cosparse di olio, oppure ancora tagliare con delle cesoie la pelle fra le dita. Se una ragazza moriva prima di quando la Contessa desiderasse, i servitori maschi erano costretti a mangiarla.
Darko, un altro servitore di fiducia, confessa che la Báthory usava anche applicare alle vittime delle scarpe di ferro bollente. Alcune delle ragazze rapite venivano messe all'ingrasso, perché la Contessa era convinta che in questo modo il loro sangue sarebbe aumentato. C'erano anche le favorite di Erzsébet, costrette ai trattamenti peggiori: tagliarsi da sole le braccia, essere rinchiuse in una cassa piena di spunzoni..e via dicendo. Le testimonianze continuano, una dopo l'altra, sempre più sconvolgenti e mostruose, soprattutto quelle raccontate dai superstiti, molti dei quali segnati a vita.
Non si sa per certo a quanto ammonti il conto delle vittime della Contessa Sanguinaria. Il Re in una lettera al Primo Ministro dice 300, sui diari di Erzsébet Báthory sono annotati i nomi di circa 650 persone, ma sembra incredibile che la Contessa abbia annotato una per una le proprie vittime. I Giudici, basandosi sui resti umani trovati al castello, decidono di condannare lei e i suoi complici "solo" per 80 omicidi.
Per la "legge del taglione", molto in voga fino al ‘700, i complici della Contessa vengono sottoposti a torture, non molto differenti da quelle inflitte alle giovani vittime: ad alcuni vengono strappati gli occhi, ad altri le dita, alcuni vengono seppelliti vivi, altri ancora vengono decapitati o bruciati vivi.
Ben più difficoltosa sarà la scelta della pena per la Contessa: essa ha amicizie molto importanti che premono per gli arresti domiciliari, inoltre gode dell'immunità regia, essendo di sangue reale. Il Primo Ministro Thurzo che, come già detto, è anche il cugino di Erzsébet, insiste nel sostenere che la donna non fosse capace di intendere e di volere, che non avesse la capacità di controllare la propria rabbia.
Così, salvata dalle sue origini nobiliari, Erzsébet Báthory viene imprigionata a vita in un'ala del suo castello a Cahtice. Confinata nelle sue stanze, privata della sua magica pergamena di Isten e di tutti gli incantesimi, con gli ingressi e le finestre murate, salvo piccole fenditure per il cibo e l'aria, la Contessa dura ben poco. Tre anni dopo il confino, nell'estate del 1614, la 54enne Erzsébet muore, le guardie se ne accorgono il giorno dopo, notando che i piatti della cena non sono stati toccati.

mercoledì 22 dicembre 2010

CHUPACABRAS


Il periodo che va dalla fine del 1994 fino a gran parte del 1995, è un periodo interessante perché registra l'intensificarsi di una serie di fatti misteriosi, già verificatisi a partire dagli anni settanta. Tra il '94 ed il '95 tali fatti hanno come scenario l'isola di porto Rico, nonché zone del Messico, del Guatemala fino ad arrivare in Florida (Miami in particolare). Questi eventi hanno attirato l'attenzione principalmente di ufologi e di appassionati del settore. In effetti, proprio l'isola di Porto Rico (3,7 milioni di abitanti - 8.900 Kmq) è costantemente al centro di probabili e frequenti episodi ufologici. Dalla fine del 1994, quindi, fino al novembre - dicembre del 1995 animali di tutte le specie (capre, pecore, cani, gatti, anatre, galline, conigli, cavalli), vengono ritrovati uccisi da un qualcosa che li priva del sangue attraverso un foro nettissimo praticato sul corpo, con maggiore frequenza sul collo. In alcuni episodi, ai corpi degli animali è stata inflitta dalla bestia qualche mutilazione.
La stampa non ha tardato a definire tale essere Chupacabras, cioè Succhiacapre, poiché fra tutti gli animali possibili vittime del mostro, le capre sembrano occupare un posto di primo piano, come fonte di sangue o comunque di nutrimento. Secondo alcuni interessati al fenomeno, sarebbe più corretto definire tale essere con la sigla E.B.A. (= Entità Biologica Anomala).
Jorge Martin ricercatore, ufologo e direttore di una rivista specializzata, raccolse una serie di testimonianze che gli permisero di stilare un primo identikit con relativo modus operandi del mostro. Il Chpucabras sembra possedere una testa molto grossa ovale, un mento appuntito, gli occhi sono anch'essi ovali e di un colore rosso vivo. Al centro del viso, sembrano abbozzate due piccole narici. Le braccia sembrerebbero esili e le sue mani avrebbero solo tre dita artigliate. Secondo alcuni testimoni, ai lati della testa ci sarebbero delle piccole orecchie appuntite, mentre una peluria grigio/verde ricoprirebbe tutto il corpo del Chupacabras. Cammina quasi eretto e comunque su due piedi. L'incedere tipico è a balzi e lascia impronte di tipo canino di circa 10 centimetri. Il suo comportamento è quello del tipico predatore: dimostra intelligenza tattica, nonché elevate capacità di mimetizzarsi nell'ambiente in cui si trova. Le vittime attribuite al mostro, presentano tre orifizi (fori) sul collo, in corrispondenza della giugulare. Da questi fori viene estratto tutto il sangue della mal capitata vittima.
Questo fatto apre un dilemma scientifico. Un corpo dissanguato diviene subito preda del così chiamato rigor mortis che è lo stato di rigidità dei cadaveri dovuto al raffreddamento del corpo. In un corpo dissanguato, dicevamo, il rigor mortis avviene subito in quanto con il sangue viene a mancare anche l'acido sarcolactico responsabile della mobilità dei tessuti. Ebbene, nonostante i corpi delle vittime attribuite al Chupacabras siano completamente dissanguati, nessun corpo presentava segni di rigor mortis, suscitando nei medici chiamati a periziare le carcasse stupore e sgomento. Il po' di sangue che poteva rimanere nei tessuti delle vittime una volta prelevato, mostrava la stranissima proprietà di non coagulare.
Riguardo l'altezza dell'essere non vi sono pareri unanimi. Dalle testimonianze raccolte pare che l'essere in questione abbia un'altezza compresa tra i sessanta centimetri e il metro e mezzo. C'è comunque chi giura di aver intravisto - nell'ambito delle possibili manifestazioni dell'essere - una sagoma bipede di oltre due metri di altezza. L'ufologo e ricercatore martin ha così descritto le ferite sui corpi degli animali: «esse si presentano come un nettissimo foro di circa 1 centimetro di diametro, solitamente se ne rivengono tre sul collo della vittima disposti a triangolo, qualche volta tali ferite sono state rinvenute sotto la mascella della vittima».

                                                                   TESTIMONIANZE

9 - 10 Marzo 1995. Una non meglio identificata creatura, attacca e uccide gli animali della signora Carballo, 30 galline e 2 capre sono rinvenute con gli inconfondibili segni dell'aggressione di quest'essere. La signora Carballo testimoniò che intravide nell'ombra, una figura simile a uno scimmione che si reggeva su due gambe, innanzi a lei.
Giugno 1995. Una notte, presso El Yunque, una casalinga fu allarmata dall'incessante abbaiare del proprio cagnolino. Uscita fuori per portare del cibo al cagnolino, scorse una figura di color grigio scuro, che correva via. Secondo la signora l'essere non era riconducibile a nessuna specie animale conosciuta, aveva un'altezza di circa 120 centimetri e un peso stimabile intorno ai 25/30 kg. Un particolare interessante è che secondo la casalinga, gli occhi dell'essere emanavano una luce biancastra, come i fari di un automobile.

Fine 1995. Una sera nella città di Gurabo, avvenne un fatto che fece affermare al suo protagonista, Jesus Sanchez, «Sono ancora sotto l'effetto di quanto mi è successo. Non sono più lo stesso da quell'incontro». Il fatto consistette in una terribile mattanza di conigli, che presentavano tutti i classici fori sul collo disposti a triangolo. Qualche sera dopo l'evento, Sanchez si trovò faccia a faccia con una sagoma scura di un orribile mostro, che riuscì a disorientare con l'ausilio di una torcia elettrica.

Tra il gennaio e l'aprile del 1996 a Portorico, migliaia di animali muoiono in circostanze analoghe a quelle precedentemente esposte. Per tali fatti Portorico è considerata come una meta precisa di quest'essere misterioso.

Primi mesi del 1996. A Miami, Florida, almeno 5 casi di uccisioni collettive di animali hanno caratteristiche analoghe a quelle avvenute a Portorico. Dai rilevamenti effettuati si poté affermare che l'essere aveva zampe larghe circa 6 centimetri e lunghe 10,3 centimetri.

Primi giorni di Maggio 1996. Si ha la più cruenta esplosione della vicenda, molte le testimonianze, specialmente da parte di Messicani che giurano di aver visto "il vampiro assassino".

2 Maggio 1996. Un contadino della parte occidentale dello stato di Jalisco, fu ricoverato in ospedale per una ferita al collo che lui giurava essergli stata inflitta dal Chupacabras. Tale circostanza non fu comunque né smentita né provata. Il contadini affermò: «quell'essere aveva un muso nero, coperto di un pelo come il velluto. I suoi denti erano aguzzi ed aveva delle ali come il pipistrello».

Jorge Martin, sostiene che almeno due di questi Chupacabras sarebbero stati catturati. Il primo esemplare sarebbe stato catturato a Hato, presso la cittadina di San Lorenzo, da un uomo che lo tenne in una gabbia per circa sei giorni. Dopo dovette consegnare la preda ad un «gruppo di uomini in uniforme». Secondo il ricercatore Martin si sarebbe trattato di agenti del ministero dell'agricoltura portoricano o di una organizzazione federale americana (FBI?). Il secondo Chupacabras, sarebbe stato catturato nella zona di El Yunque ai primi di novembre del 1995, da un gruppo di uomini della Forestale. Il mostro sarebbe poi stato prelevato da militari statunitensi.

                                                                 CHUPACABRAS A CALAMA

Calama è una città nel nord del Cile. Essa pare fu teatro della cattura di un esemplare del misterioso animale. Le testimonianze di tale fatto, furono rese da un soldato di leva che volle restare anonimo, ad un investigatore privato, Patricio Borlone. Secondo il giovane militare, nella notte del 10 maggio 1996, mentre era di guardia, gli parve di scorgere la sagome di quello che classificò senza esitazione come un Chupacabras. Decise quindi, per avere istruzioni, di avvisare un superiore. Mentre attendeva l'arrivo del superiore, il soldato ebbe modo di notare l'incedere a balzi dell'essere e, secondo la sua testimonianza, ad un certo momento sembrò galleggiare nell'aria come se avesse avuto delle morbide ali. Per via dell'oscurità, al soldato non fu possibile notare altro. Interrogato circa l'altezza della bestia, egli affermò che non doveva essere più alta di 120 centimetri. Quando arrivò una squadra di militari allertati dal superiore, il mostro si dileguò, lasciando soltanto alcune strane uova. Questo è l'unico caso in cui furono trovate delle uova dopo una supposta apparizione di chupacabras.

                                                                           TELEPATIA

Una donna di 37 anni, residente ad Baquedano venne svegliata da forti rumori provenienti dal cortile della sua abitazione, alle sei del mattino del 30 maggio 1996. La sua casa sorgeva a pochi metri di distanza dal luogo dove alcuni giorni prima, vi era stato un evento imputabile al chupacabras: la morte per dissanguamento di nove conigli. Nonostante queste premesse poco rassicuranti, la donne volle accertarsi circa l'origine del rumore ed uscì nel cortile. Lì fu sorpresa da qualcosa alla schiena, che la fece girare di scatto: si trovò faccia a faccia con «una orribile creatura, alta circa 130 centimetri, coperto di un pelo scuro e con gli occhi grandi, luminosi e arancioni». La donna riferì anche un particolare inquietante: quando si ritrovò faccia a faccia con il mostro, questi le inviò un ordine telepatico: «non gridare», sentì forte nella sua testa, dopo di ciò svenne e fu trovata dal marito.
Anche un altro caso sembra ammettere che il chupacabras possiede poteri telepatici. Il fatto si svolse tra Calama e Baquedano. Due amici un uomo e una donna stavano in automobile a chiacchierare lungo il ciglio della strada. D'un tratto il chupacabras si pose innanzi a loro e ordinò mentalmente alla ragazza di scendere dall'auto. La ragazza stava per aprire lo sportello quando si rese conto di ciò che faceva ed intimò all'amico di partire via. L'uomo si sentiva le gambe paralizzate da una forza oscura, e dopo molta fatica riuscì a mettere in moto, non appena la bestia fu colpita dal fascio di luce dei fari dell'auto, si dileguò nella fitta boscaglia di fianco alla strada.

                                                                     CHUPACABRAS IN ITALIA
PUGLIA:Il paesino si chiama SALVE, è a circa 60 km da Lecce. Nel 1996 il paese fu al centro di quella che è stata definita una intensa attività ufologica. Durante la notte moltissime luci piroettavano sul mare avvicinandosi e allontanandosi dai pochio testimoni che le stavano a guardare. Sempre nello stesso anno, due contadini trovarono nelle campagne di salve, alcuni animali morti. Si trattava di un cane, di un gatto e di quindici galline. Le poche tracce rinvenute escludono possa trattarsi di un cane randagio o di un'altra bestia selvatica(lupo, volpe o faina). Tutte le vittime hanno tre piccoli fori sul collo disposti a triangolo all'altezza della giugulare. Le impronte rinvenute nelle campagne di Salve hanno un diametro di circa cinque centimetri, la profondità media delle impronte, tra terreno morbido e terreno più duro, è di circa 5 centimetri. Il cane e il gatto trovati per primi presentavano i tre fori sul collo dal quale fu succhiato via parte del loro sangue. Non erano comunque completamente dissanguati e nonostante fossero passate parecchie ore dopo la morte, non presentavano traccia alcuna di rigor mortis.
Le 15 galline uccise, si trovavano invece in un casolare distante dal precedente circa un chilometro. Il casolare era racchiuso entro un recinto di rete metallica che però era stata tranciata, lo squarcio nella rete metallica non era stato fatto con delle tronchesi, più presumibilmente la rete appariva strappata. Le quindici galline presentavano tutte i tre fori sul collo, anch'esse non erano state dissanguate e, a detta di alcuni, erano ricoperte da una sostanza verde gelatinosa, questo è un particolare non attendibile perché nei rapporti della scientifica manca ogni indicazione in merito. Nel resto del casolare si notano i segni del passaggio di una bestia dotata di forza immane: tralci di vita divorati, reti divelte, segni evidenti sui tronchi degli alberi. Nessuna specie dei luoghi, può essere capace di tutti questi eventi. Nessuno comunque, in Puglia, vide o sentì qualcosa nelle sere della mattanza, per cui il mistero sebbene un po' dimenticato resta pur sempre aperto.

CALABRIA:Marzo 1999. Un gruppo di operai di un cantiere, avvistano un grosso felino, che presumibilmente era l'autore di una strage di polli avvenuta qualche giorno prima. Si pensò quindi ad una tigre e si aprì una vera e propria battuta di caccia. L'impronta rinvenuta fu fatta esaminare da un veterinario che affermò: «non è un'orma di felino, potrebbe essere stata lasciata da un grosso tasso e di certo non si tratta di un'impronta di tigre». Questa tesi non convinse molti studiosi e appassionati del settore che vollero confrontare le impronte rinvenute in Calabria con le impronte attribuite, nel mondo, al chupacabras. Le impronte erano simili al punto che qualcuno di essi affermò: «a fare strage di polli a Capo Colonna è stato il Chupacabras». Anche il modus operandi del mostro sembra essere lo stesso: animali sgozzati, dissanguati, intatti nella carni e abbandonati sul posto. Anche qui, in Calabria, non sono molte le testimonianze, gli operai primi testimoni pongono il dito sull'incedere a balzi dell'essere, nessuna notizia riguardo l'aspetto o riguardo altri aspetti.

                                                                        CONCLUSIONI

Al di là di quanto detto, appare chiaro come una serie di fenomeni strani ed inquietanti cercano una soluzione. Non è facile muoversi in un campo sfuggente fatto di testimonianze frammentarie di paura e di segreti militari e paramilitari. Ciò che sconcerta più di tutto è forse la repentinità degli attacchi del mostro: imprevedibili e fulminei. Anche chi non crede all'esistenza del chupacabras deve ammettere che le grandi mattanze di animali sono state compiute, da qualcuno che ha agito in diversi luoghi del pianeta con le stesse tecniche e sulle stesse vittime, qualcuno quindi che segue un piano, un disegno e lo realizza poco a poco, fino a quando lo riterrà compiuto. A che punto siamo quindi? Chi può dirlo, il fenomeno resta comunque uno dei più interessanti e misteriosi. I suoi possibili sviluppi si annunciano appassionanti, e nell'attesa che si realizzino, possiamo solo assistere preparando la mente alla possibile verità.



 



lunedì 20 dicembre 2010

LE LINEE DI NAZCA(PERù)


l cielo è terso, quasi metallico nella sua purezza azzurra. Le precipitazioni sugli altipiani sfiorano lo zero, e le nubi appaiono raramente.
Rette apparentemente infinite solcano il terreno come incisioni sacre, o come graffi lasciati da enormi artigli. L’aria è secca e l’altitudine rende pesante il respirare per chi non è del luogo. Il sole, alto nel cielo, brucia la pelle, ma basta rifugiarsi in una zona ombreggiata e fa freddo d’improvviso.
Quasi un paesaggio lunare o marziano, quello di Nazca, in Perù. Solo la Terra ed il Cielo.
Enormi, infiniti, immanenti, spietati. Come le sue temperature. In questo scenario da “altro mondo”, appaiono delle linee di proporzioni ciclopiche.
Secondo gli studiosi non sono state arate con l’ausilio di animali, ma scavate a mano e rimaste intatte nei secoli grazie alle straordinarie caratteristiche climatiche del luogo. Le figure incise, se si escludono complesse immagini geometriche, rappresentano quasi sempre animali, di tutti i generi e grandezze.
Un ragno, uccelli di diverso tipo, una scimmia, un serpente, una balena, un lama, una lucertola, un fiore e un uomo. Alcuni sono davvero enormi: la lucertola per esempio misura 180 metri di lunghezza, mentre quella di alcuni volatili supera i 270 metri!
Gli archeologi collocano la data di creazione delle misteriose linee peruviane tra il 500 a.C. e il 500 d.C. e, in mancanza di una spiegazione plausibile, affermano che questi graffiti furono incisi per motivi rituali o religiosi. Quello che a tutt’oggi non si è riusciti a capire - o tantomeno a spiegare - è perché gli indios Nazca avrebbero svolto un lavoro così titanico quando l’unica maniera per godersi appieno i disegni è guardarli dall’alto, cosa che non potevano certo fare.
Convinto di questa teoria, l’americano Bill Spohrer ha provato a costruire una mongolfiera rudimentale sfruttando unicamente i materiali che i Nazca dovevano avere a disposizione, per verificare la possibilità che gli indios sapessero costruire dei velivoli ad aria. Naturalmente, dopo un breve tratto, l’aerostato Condor 1 precipitò malamente a terra, scaraventando fuoribordo i suoi due esperti piloti.

Allora, a cosa servivano le piste di Nazca. Cosa avrebbe mosso gli indios alla loro realizzazione, se si potevano osservare solo dall’alto? Alcuni studiosi, come la ricercatrice tedesca Maria Reiche - scomparsa recentemente - sono convinti che i complessi e accurati disegni che appaiono nell’altopiano siano in realtà simboli astronomici, tramite i quali si potevano prevedere le future posizioni dei corpi celesti come Sole, Luna e stelle e determinare così le stagioni più consone alla semina o al raccolto. Ma anche questa teoria, che in parte potrebbe essere corretta, non risolve certi enigmi.
Il primo: come hanno fatto indios primitivi - privi di strumenti in ferro - a incidere manualmente il terreno per diversi chilometri e con una tecnica tale da garantire la sopravvivenza dei loro graffiti per duemila anni?
Il secondo: come è possibile che tali linee siano talmente dritte da presentare una deviazione dall’asse di appena due metri per chilometro?
Il terzo: perché creare figure effigianti animali di dimensioni talmente gigantesche da essere pressocché inutili come punti di riferimento o per calcoli di qualsiasi tipo, a meno di non guardarli dal cielo? Se si tratta di un osservatorio astronomico, perché le linee sono così lunghe - una raggiunge i 65 chilometri - se per ottenere dei dati stagionali precisi ad altri popoli antichi sono bastati pochi metri quadrati di spazio?
Il quarto: come è possibile che gli indios fossero in possesso di conoscenze zoolomorfe tali da rappresentare perfettamente alcuni animali, come un ragno del genere Ricinulei, uno degli aracnidi più rari al mondo, che alberga solo nella foresta amazzonica, illustrandone in maniera corretta persino l’organo genitale, visibile solo al microscopio?

 
Dal mondo dell’infinitamente grande a quello dell’incredibilmente piccolo, l’operato degli Indios Nazca continua a far riflettere. Una leggenda del luogo vuole che i Nazca costruissero le linee in onore dei Viracochas, misteriosi esseri giunti da un altro paese lontano e vissuti prima degli Incas. Stando alle tradizioni locali, i Viracochas erano dèi venuti da un altro mondo. Ma come erano giunti fin qui? Le leggende, scarse e lacunose, non contribuiscono a fornire nuovi dati sull’intera vicenda. Può essere che questi Viracochas possedessero una tecnologia superiore, tramite la quale non solo sarebbe stato loro possibile giungere fino alla Terra e tracciare dall’alto le linee? Una teoria interessante sarebbe la seguente: i Viracochas intervennero direttamente, secoli orsono, nell’evoluzione degli indios Nazca, istruendoli nella semina, nei riti civili e religiosi. Al momento di ripartire, gli “dèi” forse decisero di lasciare ai Nazca, per così dire, il loro indirizzo stellare, o forse indicazioni utili per la navigazione spaziale. Il giorno in cui l’uomo si fosse evoluto tanto da poter costruire aerei o astronavi, avrebbe visto i disegni dall’alto e ne avrebbe compreso il significato, esplorando lo spazio con più sicurezza, ricambiando così la visita agli amici Viracochas. A tale scopo sarebbe stato impiegato uno strumento, un dispositivo aereo, forse una sorta di laser, con cui il terreno venne marcatamente inciso. L’ipotesi laser spiegherebbe la presenza, ai margini di numerose linee, di alcune zone bruciate, che gli esperti definiscono “fosse di combustione”, dove le rocce appaiono annerite. Sicuramente, con il tempo, una grande quantità di polvere si sarà depositata all’interno delle linee e non è escluso che i Nazca, pur senza intuire la reale natura dei pittogrammi, li reputassero simboli, a tal punto sacri da istituire il passaggio, di padre in figlio, del compito di tenerle in ordine. Si deve proprio all’abnegazione della matematica tedesca Maria Reiche, che dello studio e della manutenzione delle linee aveva fatto lo scopo della sua vita, al punto di trasferirsi in Perù nel dopoguerra, se delle piste si è stati a lungo in grado di apprezzare lo splendore. Dopo la sua morte, purtroppo, le notizie che giungono dal Perù aggiungono tristezza al mistero: le scarse precipitazioni piovose sull’altipiano, assieme all’azione di forti venti, hanno ricoperto in parte alcune linee. Sembra però che il Ministero dell’Ambiente peruviano si sia attivato a riguardo, temendo di perdere una delle sue migliori attrattive turistiche.
Speriamo che i discendenti degli indios Nazca decidano di seguire le orme dei loro padri e l’esempio della Reiche. Un giorno non lontano potremmo scoprire la giusta chiave di lettura delle linee e la loro decifrazione potrebbe schiudere una nuova via che finora ci è stata preclusa: quella delle Stelle.

LA COMBUSTIONE SPONTANEA(SHC)

Per trovare una risposta a questo strano e angosciante fenomeno, è bene prendere le mosse da uno dei primi avvenimenti catalogati sotto tale specie. Tal fatto risale al 1980 ed ha protagonista un povero settantatreenne, residente nel Galles. Il povero uomo morì in circostanze a dir poco sconcertanti. Gli agenti che arrivarono sulla scena della morte di quell'uomo, videro soltanto:un cumulo di cenere bianca brillante alla cui estremità c'erano i piedi di un individuo di sesso maschile con indosso un paio di calzini bianchi. All'altra estremità erano visibili i resti di un cranio anneriti>>. La poltrona sulla quale era seduto il povero uomo era parzialmente bruciata, tutta la stanza era invasa da una luce rossastra dovuta ai depositi di materiale organico bruciato depositato sulle lampade della stanza.
Nient'altro nella stanza era bruciato e il medico legale dichiarò che la poltrona era bruciata a contatto con il corpo, estinguendosi quando era crollata, lasciando cadere il corpo in terra. La stanza era pressoché priva di ossigeno, in quanto dotata di guarnizioni anti freddo... ma allora il corpo come aveva potuto bruciare fino a ridursi ad un mucchietto di polvere bianca? Come era possibile raggiungere in una stanza temperature così alte da ridurre in cenere un corpo intero, quando nemmeno i forni crematori riescono ad incenerire completamente i corpi? Un altro caso di quella che adesso è chiamata SHC, risale al 1986 quando un uomo di 58 anni fu trovato completamente incenerito eccezion fatta per qualche paio di ossa: per ridurre un corpo umano in tali condizioni il fuoco dovrebbe raggiungere i 2500°, mentre un normale incendio domestico sfiora raramente i 300°. Gli studiosi nel cercare una spiegazione a tale fenomeno ipotizzarono il c.d. effetto stoppino: se un uomo è obeso e vestito con diversi strati di materiali infiammabili, questi possono fare da stoppino permettendo al grasso di bruciare come fosse la cera di una candela. Se il contatto con la fiamma è prolungato e nell'ambiente vi è una buona dose di ossigeno, allora non è necessario che l'individuo sia obeso. Un caso simile, è accaduto nel 1965 ed ebbe come protagonista una donna di 85 anni, ma i suoi resti carbonizzati erano ben diversi da quelli che rimangono nei casi imputati all'SHC.
L'SHC è una combustione che parte dall'interno del corpo, a livello dei mitocondri, che sono degli organi che forniscono le cellule di energia. Se uno di questi funzionasse male potrebbe rilasciare grosse quantità di energia facendo esplodere idrogeno e ossigeno e innescando una reazione a catena che in pochi minuti ridurrebbe ossa, carne e muscoli di un corpo umano in un mucchietto di cenere divorata da una fiamma blu. Un vigile del fuoco, intervenuto presso un casolare abbandonato, vi trovò dentro il corpo di un uomo che presentava uno squarcio a livello dell'addome dal quale fuoriuscivano fiamme con inaudita violenza. Una donna di 62 anni fu avvolta da un'improvvisa fiammata che in poco tempo la condusse alla morte davanti gli occhi del padre incredulo. Molti altri casi non differiscono da questi per ciò che riguarda durezza e imprevedibilità; statistiche non ufficiali dicono che in Inghilterra sono più di 200 i casi di SHC che si verificano ogni anno.

L'ARCA DELL'ALLEANZA

                                          Part 1 e 2

L'Arca dell'Alleanza era il recipiente nel quale Israele aveva riposto le Tavole della Torà, dopo averle ricevute sul monte del Sinai. Su di loro erano incisi i Dieci Comandamenti. L'Arca fu trasportata per tutti i 40 anni di viaggio nel deserto, e accompagna Israele durante i lunghi anni di conquista della Terra Promessa, fino a venire posta nel Tempio costruito dal Re Salomone. Si trattava di una cassa lunga due cubiti e mezzo (ogni cubito a circa mezzo metro), larga un cubito e mezzo, e alta un cubito e mezzo, come mostrato in figura. Per trasportarla s'inserivano due lunghi pali negli appositi anelli.
Quando Israele si accampava, al centro dell'accampamento veniva eretto il Tabernacolo, e nel Santo dei Santi era riposta l'Arca. La caratteristica più famosa dell'Arca era che sul suo coperchio superiore si trovavano due statue realizzate da un'unica fusione d'oro puro, rappresentanti una coppia d'angeli Cherubini. Il simbolismo dell'Arca e quanto mai ricco e vasto, e in questa sede cercheremo di metterne in luce gli aspetti principali. Vediamo com'era costruito nei dettagli. Era composto da due pezzi principali: un parallelepipedo inferiore e un coperchio che lo chiudeva. Si tratta della terra e del cielo. Pur se in natura la forma della terra e sferica (come pure quella di tutti gli altri corpi celesti), e pur se il suo movimento e ellittico (il cerchio è un caso particolare dell'ellisse), secondo la tradizione cabalistica, la forma che meglio la rappresenta a livello spirituale è il cubo. In altri termini, si afferma che l'universo presente e dominato dalle forme sferiche, mentre quello futuro (i "cieli nuovi e la terra nuova") sarà sede soprattutto di forme cubiche. Questa trasformazione contiene il segreto del passaggio da un tempo circolare (che tende a ripetersi secondo il mito dell'Eterno Ritorno) ad un tempo rettilineo, che porta invece verso un traguardo completamente diverso dal punto di partenza. L'aver concepito la storia come una serie d'eventi che porta da uno stato meno perfetto ad uno via via sempre migliore e una delle innovazioni del pensiero ebraico, diventata poi parte integrante della cultura occidentale. Oggi la troviamo sia nel concetto laico e mondano di "progresso", che in quelli più sottili e raffinati di "evoluzione". Dal punto di vista simbolico ciò viene rappresentato trasformando lo spazio fisico da una forma sferica ad una forma cubica.
Il parallelepipedo inferiore era formato da tre distinte scatole. Le due esterne erano entrambe d'oro, mentre quella mediana era di legno d'acacia. Cosa significa ciò? Secondo La Cabalà., l'anima dei Maestri e degli Illuminati contiene due grandi categorie: avvolgente ed interna, ognuna delle quali e dotata di diversi gradi intermedi. Il contenitore dell'Arca rappresenta l'Anima avvolgente, le Tavole della Torà al suo interno costituiscono invece l'anima interiore. Si tenga presente che l'anima avvolgente e più rara e preziosa di quella interiore, in quanto questa e limitata, mentre la prima si estende all'infinito. I due recipienti d'oro costituiscono il primo e il secondo grado dell'anima avvolgente. Essi sono: Chai e Yechid, l'Anima Vivente e l'Anima della Perfetta Unione col Divino. Il legno che le separa fa da isolante elettrico, onde permettere a ciascuna delle due di costituire uno schermo separato. Infatti, uno degli scopi dell'"anima avvolgente" è quello di proteggere l'organismo da attacchi d'entità malvagie, pur presenti nella dimensione spirituale. In termini moderni potremmo comprendere questo particolare dell'Arca come una "doppia schermatura", in grado di isolarla completamente dai campi energetici negativi, e di captare solo quelli positivi. Infatti, il materiale usato era l'oro, che rappresenta il più alto stato della consapevolezza, quello che l'Alchimia chiama l'oro filosofico.
Tutto ciò riguarda il solo recipiente inferiore, la Terra. Invece il coperchio superiore simboleggia il cielo, che viene a completare la terra, a chiudere la sua apertura, a riempire i suoi bisogni. Il coperchio dell'Arca era fatto da un'unica piastra d'oro massiccio.

Questo suo essere costituito da un unico pezzo, mentre la parte inferiore era composta da tre pezzi distinti, allude all'insieme dello spazio-tempo. La fisica moderna ci insegna che viviamo in un insieme costituito da tre dimensioni spaziali (le coordinate di un determinato punto) e da un'unica dimensione temporale (il tempo in cui un certa realtà esiste). In tutto viviamo dunque in un insieme quadridimensionale. Secondo la sapienza esoterica esiste invece almeno una quinta dimensione, che nell'esempio dell'Arca era rappresentata dalle Tavole della Torà ivi contenute. Si tratta del livello della consapevolezza pura, la "quintessenza", cosa a lungo ricercata dagli alchimisti.
Del coperchio superiore dell'Arca facevano parte i Cherubini, anch'essi d'oro purissimo. Dice il versetto dell'Esodo (25, 18-21): "Farai due cherubini d'oro: li farai lavorati al martello sulle due estremit� del coperchio. Fa' un cherubino ad una estremità e un cherubino all'altra estremità. Farete i cherubini tutti di un pezzo con il coperchio, alle sue due estremità. I due cherubini avranno le due ali stese di sopra, ricoprendola, e i loro volti saranno rivolti l'uno verso l'altro, e verso il coperchio. E porrai il coperchio sulla parte superiore dell'Arca, e collocherà nell'arca la testimonianza che ti darà."
La simbologia dei Cherubini e quanto mai vasta ed interessante. Secondo la tradizione ebraica essi avevano due volti infantili. Dai bambini dobbiamo imparare la purezza e la semplicità, la sincerità emotiva, la fiducia in coloro che sono più grandi di noi. In particolare, i volti dei cherubini erano l'uno maschile e l'altro femminile. Questo significa la conjuncto oppositorum, il matrimonio mistico, lo hyeros gamos.
Nel ricomporsi dell'unità primaria tra i poli opposti, tra il maschile e il femminile, si completa la copertura dell'Arca, si rinsalda la frattura che aveva causato la caduta dei mondi. E' grazie alle ali dei cherubini che si toccano al di sopra del coperchio, cioè alle loro componenti spirituali, che e possibile "volare", cioè esplorare i mondi superiori. Il matrimonio alchemico tra l'adepto e la soror mistica e il motore che fornisce energia al cocchio celeste, sul quale avviene il viaggio verso il Divino.
In genere l'Arca rappresenta il segreto di come una costruzione umana, se fatta seguendo dei criteri particolari, possa diventare la sede e il ricettacolo degno di contenere la rivelazione di uno stato superiore della consapevolezza, di forze angeliche o anche divine.
Inoltre i materiali coi quali viene eretta una particolare costruzione sacra hanno una loro importanza fondamentale. Provenendo dai tre regni inferiori: minerale (metalli e pietre preziose), vegetale (legno o tessuti) e animale (pelli o lana) i materiali rappresentano una sintesi di tutto il meglio che il mondo materiale può dare. Tramite l'opera ingegnosa dell'uomo, tramite la sua sapienza arcana, guidata dallo spirito divino, tutto ciò viene trasformato nel "trono" sul quale si asside un livello super-umano di sapienza e bontà. Si noti come la parola "Arca", che viene dall'indoeuropeo indicante "custodire", è alla radice di "arcano", cioè "esoterico, segreto". Ciò dimostra come la sapienza esoterica nel suo insieme sia l'Arca nella quale sono custoditi gli stessi "cervelli" Divini, cioè la Sapienza e l'Intelligenza, l'emisfero cerebrale destro e quello sinistro. Ecco perchè le tavole della Torà riposte nell'Arca erano due, ad indicare la polarità fondamentale presente in ogni processo pensante.
Le costruzioni degli esseri umani non dovrebbero dunque avere una sola funzione pratica, ma dovrebbero esprimere dei principi superiori, se si vuole che il loro uso diventi un'occasione per la crescita della consapevolezza. Le abitazioni che sono state erette in modo particolare, secondo la sapienza "arcana", hanno un particolare effetto benefico su coloro che vi dimorano, un vero e proprio effetto salvifico.
Infatti nella Bibbia il primo e più antico prototipo d'ogni contenitore o costruzione sacra e stato l'Arca di Noè, grazie alla quale egli, la sua famiglia e gli animali, sopravvissero al cataclisma del diluvio universale. E si badi bene che non sarebbe bastata una qualunque barca o rifugio. Probabilmente la generazione in cui viveva Noè era in grado di costruire altri tipi d'imbarcazioni. Quella di Noè fu l'unica a sostenere la furia degli elementi scatenati poichè era stata costruita seguendo delle leggi non solo fisiche ma anche metafisiche. Si tratta di un insegnamento che dovremmo tutti tenere presente in un mondo come quello d'oggi, nel quale prevalgono soltanto le considerazioni materiali e contingenti.

sabato 18 dicembre 2010

LA SIGNORA CHE PARLERà CON E.T. A NOME DELL'UMANITà(Articolo preso dal giornale:La Stampa.it)

Sarà una astrofisica nata in Malesia, Mazlan Othman (foto), a tenere i contatti con gli extraterrestri per conto delle Nazioni Unite a nome dell’intera umanità nel caso che si riesca a stabilire un contatto.
Esiste da tempo un protocollo elaborato dall’Istituto SETI, Search for Extra-Terrestrial Intelligence, che prevede l’intervento delle Nazioni Unite nell’eventualità che si capti un messaggio alieno ma adesso, in seguito alla scoperta di centinaia di pianeti intorno ad altre stelle (ad oggi siano a quota 492), si è deciso di formalizzare la procedura e designare la persona responsabile della comunicazione.
Mazlan Othman, 58 anni, in questa settimana riceverà la titolarità dell’United Nations Office for Outer Space Affairs, cioè in pratica il ministero degli affari spaziali. Nell’ambito di questo incarico è anche previsto l’improbabile compito di gestire il dialogo con interlocutori alieni. Fonte della notizia è l’agenzia australiana NewCore.
Il professor Richard Crowther, esperto in Diritto nello spazio presso l'agenzia spaziale che guida le delegazioni della Gran Bretagna alle Nazioni Unite, ha commentato l’annuncio dicendo che l’astrofisica malese è al momento “la persona più adatta a ricoprire questo delicato incarico”. Il piano per organizzare l’Ufficio di coordinamento destinato ad affrontare l’eventuale contatto con esseri alieni sarà discusso dai comitati scientifici consultivi delle Nazioni Unite. Il punto più controverso – dice Crowther – sarà presumibilmente quello che riguarda le parole da usare per accogliere i visitatori alieni.
Il vero problema sarà accertare l’autenticità del messaggio.
Il falso allarme più “realistico” rimane quello del segnale “Wow!” captato il 15 agosto 1977 con il “Big Ear Radio Telescope” dell’Università dell’Ohio mentre il “grande orecchio” stava “ascoltando” una stella nelle vicinanze del Sole, 47 Ypsilon Andromedae.
“Wow!” è l’esclamazione di stupore annotata a caldo da Jerry Ehman quando si accorse del segnale anomalo scorrendo il tabulato del computer. In effetti il segnale risultava di 15 decibel più forte del rumore di fondo sulla lunghezza d’onda di 21 centimetri alla quale emette l’idrogeno neutro. Peccato che nei 25 anni trascorsi da quella osservazione non si sia più ripetuto, benché più volte si sia tornati a osservare la stessa stella e la stessa regione del cielo. Ancora oggi l’origine del segnale non è del tutto chiara ma si pensa che si sia trattato di un messaggio radio proveniente da un aereo spia.
In ogni caso, il segnale “Wow!” del 1977 captato nel corso del Project Phoenix Soho aveva connotati abbastanza artificiali. Ci volle un po’ per capire che era un semplice disturbo elettromagnetico. Ventun anni dopo, nel 1998, un radioamatore inglese annunciò di aver captato un segnale dalla stella EQ Pegasi. Gli scienziati compresero subito che era uno scherzo, se non proprio una frode.
In entrambi i casi, il più verosimile e il più dubbio, come governare la notizia nei confronti dell’opinione pubblica?
Secondo un sondaggio Gallup il 71 per cento dei cittadini degli Stati Uniti ritiene che l’esistenza di extraterrestri sia nota al governo americano ma venga tenuta segreta per oscuri motivi politici. E’ un dato eloquente: la maggioranza delle persone pensa di essere manipolata in tema di extraterrestri, ed è più difficile lottare contro una leggenda metropolitana che convincere il pubblico di un fatto autentico usando argomenti razionali. La notizia di un messaggio alieno avrebbe sull’opinione pubblica mondiale un impatto enorme e potrebbe scatenare le reazioni più imprevedibili: dal panico all’entusiasmo, dallo scetticismo a incontrollati slanci religiosi.
La domanda che molti si faranno è: ma gli alieni che eventualmente cercheranno il contatto con i terrestri saranno buoni o cattivi?
Da quando nel 1960 lanciò il primo programma di ascolto di eventuali segnali radio «intelligenti» provenienti dallo spazio, inviati da ipotetiche civiltà aliene, l’astronomo americano Frank Drake ha sempre sostenuto che, se ci sono, gli extraterrestri sono gente pacifica, altruista e quindi ben disposta verso di noi. Il motivo di questa fiducia addotto da Frank Drake è semplice: solo una civiltà politicamente stabile e animata da buone intenzioni può desiderare di stabilire qualche rapporto con altre civiltà sperdute nell’universo: nessuno prova gusto nel procurarsi nemici gratuitamente. Questo atteggiamento è condiviso dalla quasi totalità dei ricercatori e dei volontari che partecipano ai programmi SETI.
Si può aggiungere che una civiltà cattiva finisce probabilmente per autodistruggersi poco dopo aver raggiunto un elevato livello tecnologico. Se una civiltà supera quel punto di crisi e arriva a espandersi nell’universo, dovrebbe essere una civiltà ispirata da buoni sentimenti.
Ma non così la pensa l’industria cinematografica, che di solito presenta gli alieni come pericolosi aggressori: basta pensare, per fare qualche esempio, ad «Alien» o «Idependence Day». Questa cattiva reputazione ha permeato l’opinione pubblica. Una indagine condotta qualche anno fa dal portale Space.com a cui hanno risposto tremila persone dice che la maggior parte degli abitanti della Terra considera ostili gli extraterrestri.
E’ la paura del diverso? E’ una riproduzione su scala cosmica della Padania teorizzata da Bossi? Secondo gli psicologi che l’hanno analizzata, l’inchiesta di Space.com sarebbe una sorta di test proiettivo come quello famoso delle figure di Rorschach: non dice nulla su E.T. ma dice molto sulla natura umana. Rivela le nostre paure, i nostri sensi di colpa, la nostra repressa aggressività.