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martedì 28 dicembre 2010

LE TORTURE DELL'INQUISIZIONE

Il tribunale dell'Inquisizione si aggiudicò il potere decisionale assoluto grazie alla bolla "Ad Extirpanda", promulgata da Innocenzo IV, che introdusse legalmente per la prima volta nella storia della Chiesa l'utilizzo della tortura come complemento giuridico per lo svolgimento dei processi. Grandi figure inquisitorie divengono i crudeli miti della caccia alle streghe e spiccano altisonanti i nomi degli spietati Nicholas Eymerich, Pierre de Lancre e Torquemada, terrorizzando i tribunali di tutta Europa.
Dal 1300 in poi la Chiesa definisce eretici coloro che attraverso rapporti diabolici entrano in possesso di conoscenze magiche e vengono altresì considerate pratiche eretiche l'invocazione di potenze infernali, la lettura di formule magiche ed addirittura il mettersi in cerchio a danzare o a suonare. Dal 1320 al 1420 solo in Europa vengono pubblicati tredici trattati giuridici sulla stregoneria, all'interno dei quali vengono toccati temi quali la metamorfosi, il volo ed il Sabba, termini che da questo momento in poi entreranno a far parte del vocabolario accusatorio di ogni tribunale ecclesiastico.
L'apertura ufficiale della caccia alle streghe è datata 5 dicembre 1484, quando Giovan Battista Cybo (Innocenzo VIII) promulga la bolla papale "Summis Desiderantes Affectibus", con la quale lancia l'offensiva giuridica contro le "malefiche" e dà incarico all'ordine dei Domenicani di occuparsi dello svolgimento delle indagini, nonché dell'effettiva conclusione dei processi. In particolare invita gli alsaziani Heinrich Kramer (Institoris) e Jacob Sprenger a stilare un sorta di "manuale del perfetto inquisitore". Il Malleus Maleficarum diviene dunque il trattato legale contro la stregoneria, il "vangelo processuale" da cui attingere tutte le informazioni giuridiche per poter agire, anche con l'ausilio della tortura, contro chiunque si opponesse alle regole morali della Chiesa e del pontificato.

La pera ed il crogiuolo
La pera era uno marchingegno in legno o in bronzo con una struttura meccanica a forma del frutto della pera quando era chiuso. Tuttavia con un sistrema di viti e bulloni poteva esser aperto espandendone il suo volume e la sua dimensione. Lungo la superficie vi erano lembi di ferro e delle incanalature studiate appositamente per strappare e lacerare. Questo strumento di tortura, una volta richiuso, veniva impiegato contro le presunte streghe durante il processo di tortura ed inserito sia nella bocca, nella vagina oppure nell'ano. Successivamente veniva "avvitata" la vite centrale che fungeva da perno, facendo lentamente espandere l'arnese. Veniva poi fatta ruotare all'interno dell'orifizio nel quale era stata inserita ed infine brutalmente estratta, procurando dolore tremendo, lacerazioni gravi e qualche volta la morte.


Lo strappaseni (Mastectomia)
Le tenaglie che potete osservare nella foto qui a destra venivano impiegate per la lacerazione delle mammelle o dei capezzoli dei torturati. Spesso il carnefice arroventava tali pinze prima di utilizzarle sulla vittima.Pinze simili allo strappaseni venivano anche usate per strappare le unghie delle mani e dei piedi.



La squassata
La vittima (in genere una donna) veniva legata con le mani dietro la schiena. Alla sua chioma veniva assicurato un palo in legno alle cui estremità ruotavano due uncini in ferro. La strega veniva sollevata ad un'altezza stabilita e lasciata cadere fino a pochi centimetri da terra. Le lesioni di questa tortura provocavano il distacco dello scalpo. La squassata alle braccia invece provocava lo slogamento degli arti.


Pinze per la lingua
Questo genere di tortura veniva inflitta solitamente agli accusati di eresia e alle streghe colte in flagranza di maleficio verbale. Si tratta di vere e proprie forbici affilatissime con le quali il carnefice tagliava parte della lingua alla vittima, lasciandola morire dissanguata a causa del grande flusso sanguigno che irrora quest'organo



Il soffio
Si dice che per uccidere una strega bisognasse "tagliarla sul soffio", ossia la parte di viso che intercorre tra il labbro superiore ed il naso. Oltre a far fuoriuscire copiosamente il suo sangue, gli inquisitori erano convinti che da quel punto svanisse dal corpo della strega anche il suo male.



L'impiccagione
L'alternativa al rogo e alla decapitazione era l'impiccagione. Potrebbe sembrare un metodo di morte meno feroce ma dobbiamo immaginare che, dal momento che il cappio si stringe al collo - eludendo ogni tipo di sforzo respiratorio - fino a quando non sopraggiunge il decesso, può trascorrere un periodo di sopravvivenza pari fino ai 10 minuti. Una vera e propria lenta agonia.



Il Signum Diabolicum
Dal XIV secolo in poi molti saranno i trattati sulla spiegazione dei fenomeni stregoneschi attribuiti al "maligno" ed anche questi saranno fonte, per i secoli a venire, di miti e leggende. In questi trattati si tentava di dare una spiegazione a fenomeni come il volo sulla scopa, la metamorfosi delle streghe in animali e la capacità di scatenare tempeste ed epidemie. Queste, infatti, erano le accuse maggiormente imputate. Inoltre bastava avere un neo o una voglia per essere accusati di essere stati "marchiati a pelle" dal demonio in persona.



Il rogo
Il più delle volte la tortura inquisitoriale terminava con la condanna al braccio secolare e milioni di persone hanno terminato la propria esistenza osservando la folla esultare dalla pira. Il rogo degli eretici era stato motivato teoricamente da Tommaso d'Aquino: "Gli eretici e le streghe sono figli di satana e devono essere bruciati, come lui, già qui sulla terra". Furono pertanto le fantasticherie degli inquisitori a spalancare la porta al rogo delle streghe.

Pinza da pira
Questo strumento serviva esclusivamente per tenere saldo il collo della strega al palo della pira nell'eventualità che la stessa riuscisse a liberarsi dalla stretta delle funi che la immobilizzavano. In realtà questo arnese veniva raramente utilizzato poichè, a causa dello stordimento che le vittime accusavano per l'ingerimento di sostanze soporifere da parte di qualche magnanimo carnefice, esse arrivavano il più delle volte al patibolo in uno stato di incoscienza tale da non mostrare alcun segno di ribellione.



La forchetta
Era uno stumento di tortura che consisteva in una cinghia di cuoio legata intorno al collo della vittima, nel cui centro si sviluppavano due forchette di ferro acuminate ed opposte. Questo marchingegno impediva alla vittima di muovere il capo in qualsiasi direzione, tantopiù non lasciava al torturato la possibilità di potersi addormentare. Veniva utilizzato nella tortura tramite ordalìa del sonno.



La cosa più sconvolgente che abbiamo voluto (magari anche un po' crudemente) sottolineare è che l'uomo sia riuscito a farsi merito di tutto questo orrore nel nome di Dio.
Meditate gente, meditate...



Fonte di immagini e testi:www.cortescontenti.it

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